lunedì 26 gennaio 2015

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo – 26 gennaio/1 febbraio


Avrei voluto – e dovuto – scrivere questo post ieri sera, come di consueto, ma è stata una giornata che definirla oscena sarebbe riduttivo.
Così, ecco, è pomeriggio, è già lunedì... Non mi sento a mio agio. I post vanno scritti la sera, poi corretti il giorno dopo prima di essere pubblicati. Adesso sono le 17.30 e, capite, mi si è sfasato il bioritmo. E poi sto ancora male, sento la giovinezza che abbandona il mio inutile corpo da schifosa sedentaria.
Ma una nuova settimana è iniziata e porta con sé tante belle copertine in libreria. Vabbè, adesso non è che perché non piacciono a noi sono brutte eh. Va bene, ok, l'importante è crederci. E quindi, eccoci qua.

Voi non c'è bisogno che vi esprimiate in alcun modo dopo essere venuti a conoscenza dello scempio che Sperling & Kupfer ha avuto il coraggio di mandare in stampa. Io, invece, non posso proprio trattenermi. Sento la vena acida e polemica che mi pulsa sulla tempia destra. Esploderà prima o poi, me lo sento. 
Considerate solo che il mio primo pensiero – dopo essermi ripresa da un quasi infarto – quando ho visto Avevo solo una manciata di stelle, è stato qualcosa più o meno simile a: «Perché sulla copertina di un libro dovrebbe esserci la foto commemorativa di un defunto cane americano?»
Perché questa foto sembra quella che, nei film e nelle serie tv americane, i cari del defunto mettono vicino alla tomba o fuori dalla chiesa il giorno del funerale?! Non capisco se lo sfondo e la posa (santoddioh!) alla Settimo cielo rappresentino una citazione voluta o siano frutto del lavoro di una suora in pensione.
A parte l'immagine fuorviante, pare che Ruby sia vivo e vegeto e adesso viva a casa della tipa che lo ha adottato, senza che nessuno gli abbia appioppato la santità (cit). La tipa, tra l'altro, avrebbe anche scritto il libro (insieme al cane, ovviamente) ma viene ritenuta così importante da non essere nemmeno segnalata come autrice. D'altronde, si vede che si è rifiutata di far apparire il suo nome e cognome in un arial prima minuscolo e bianco, poi maiuscolo e arancione. Poi addirittura in grassetto. Ma perché? Quando troppo e quando niente in un'unica copertina eh. Comunque la scheda è qui, se vi va leggetevi la storia di Ruby, meticcio rubacuori (da cui il soprannome Ruby). Non lo dico io, sta scritto sulla scheda, giuro. È patetico, siamo d'accordo, ma non è un'invenzione mia. E ci tengo a dire che non avevo idea di chi fosse questo maledetto cane prima di imbattermi nel libro. Sarà pure vero che ha commosso il web (??) ma non il web che frequento io.

Finalmente un bel romance erotico perché ne sentivo veramente la mancanza. Prima o poi lo leggerò uno, dico sul serio. Magari però non questo.
Dunque, la mano che regge la rosa bianca e ha del nastro di raso intorno che comincia esattamente... Dove? Come è legato attorno al braccio? Gira dietro il pollice non propriamente opponibile (ma che diavolo di angolazione ha?) e poi... sparisce nel nulla.
Dicevo, questa mano che regge una rosa bianca non appartiene a un manichino dell'Oviesse del mio quartiere ma a Monica, la protagonista di questo romanzo che, giusto per precisare, sta a Los Angeles. Quindi piuttosto lontano da casa mia. Insomma, Monica lavora in un albergo ma canta anche in una band e niente, decide che siccome vuole essere famosa deve dire no all'amore e al sesso. Basta uomini, nemmeno il suo capo, chiaro? Ecco. Ma quanto riuscirà a resistergli? Eh, bella domanda. Fino a pagina 100, a occhio e croce.
La scheda dice che è una serie intelligente, intrigante e altre cose che non mi ricordo. Quello che mi ricorderò per sempre, invece, è che l'autrice ha il coraggio di firmarsi CD. E che il tale che ha fatto questa copertina ha ritenuto visivamente bello l'alternarsi di caps lock e non. E il Times New Roman, ovviamente. L'effetto "facciamo che non si vede un cazzo e clicco il tasto "riempi" con il nero" gli ha – per fortuna! – risparmiato di dover sistemare le ombre e aggiungere le altre due dita al manichino. Meno male.

Sta poracciata – perché è veramente una poracciata – è il risultato della filosofia di vita "minor sforzo maggior risultato" (je piacerebbe maggior risultato, ma non diciamoglielo ché magari da Feltrinelli sono convinti che sia un capolavoro nato dalla perfetta commistione di furbizia e bravura) ormai largamente diffusa nel mondo dell'editoria.
Dico ciò non per via dell'originalissimo font utilizzato per il titolo (Times New Roman), quanto per la scelta di mantenere la brutta cover originale cambiando solo il colore dell'abito della signorina che cammina? Corre? Cammina non verso il cancello dove si presuppone debba entrare, ma consapevolemente verso la colonna per, forse, porre fine alla sua triste vita.  
Qui potete vedere meglio l'immagine e ingrandirla. Niente, volevo porre la vostra attenzione sull'anulare e il mignolo completamente uniti e della stessa dimensione di questa ragazza, chiaramente vittima di radiazioni. Ora, sorvolando sull'orlo del vestito sbrindellato dal grafico distratto, non è un caso che questo (il vestito, non il grafico distratto) sia dello stesso colore del tramonto in fondo al viale. C'è un fantastico strumento chiamato contagocce che ti permette di campionare un colore per poterlo riutilizzare. Eh, visto che bella botta di furbizia che c'hanno avuto alla Feltrinelli? Immagino le occhiatine, le gomitate e le risatine sotto i baffi tipiche di chi si sente furbo: "gliel'amo fatta pure oggi senza manco uno che sa usà Photoshop, daje forte!". Pacche sulle spalle e lotta di cuscini per festeggiare.
A ogni modo, questo libro non so di che cosa parla, le 4 righe carattere 24 presenti nella scheda dicono solo che Sarah ha dato due volte il primo bacio. Viaggerà nel tempo, che vi devo dì.

In ginocchio sui ceci per il ritardo, chiedo perdono anche per la scarsa offerta settimanale di copertine brutte. Ma, capite, sto poco bene e ho stessa vitalità di una settantenne. Che le poracciate siano con voi. E con il vostro spirito.

venerdì 23 gennaio 2015

Di inutili e patetici interrogativi, se è meglio la carta o l'ebook

Scrivo questo post perché ho da poco terminato la lettura di Fare e leggere e-book. Viaggio tra i segreti dell'editoria digitale di Caterina Giso, edito da Infinito Edizioni.
La casa editrice mi ha omaggiata di una copia digitale per l'altro blog per cui scrivo (e che non vi dirò mai quale è perché là c'è nome e cognome e io invece sono ancora convinta di essere solo Nereia per questi pizzi qui). Dunque, dicevo.
Il libercolo, è davvero piccino picciò, offre una panoramica sulla storia dell'ebook, dalla nascita fino ai giorni nostri. Per me è stato interessante leggerlo, molte cose ammetto di non saperle (tipo la storia della nascita dei formati, ad esempio), alcune altre mi hanno fatto riflettere.
Trattasi di un saggio o, meglio ancora, di una sorta di manuale d'introduzione, per cui prosegue tutto in modo abbastanza lineare, senza che la Giso si lasci andare in inutili sofismi o in pareri
assolutamente non richiesti. Nonostante ciò, sono comunque riuscita a mettere insieme diversi pezzi – tra riflessioni personali, robe lette nella blogosfera o nell'internet – e a creare un post di vaneggiamenti.
Qualche giorno fa mi sono recata presso una biblioteca universitaria per fare un colloquio; le mansioni richieste allo stagista–tirocinante–personachecioccuperemodiassumereperunanno erano di catalogazione, per lo più. Inutile dire che, anche se si trattattasse di spolverare libri con il proprio fiato io lo farei comunque e anche con tanto entusiasmo. No, il punto è che pensando alla catalogazione ho pensato agli ebook. E pensando agli ebook ho pensato alle solite discussioni trite e ritrite "meglio la carta o l'ebook?". E ho pensato che sono discussioni idiote. Perché, voglio dire, qualcuno ha mai fatto la stessa domanda su motorini e biciclette alla gente che va ad acquistare un motorino?
Entri in un negozio che vende moto, scooter e tutto ciò che va a benzina e sta su due ruote e il tale, così, prima di farti vedere qualche modello se ne esce con "Ma lo sa, lei, che se compra un motorino le biciclette sono destinate a sparire?". 
Ecco, mi sembra assurdo come quando si parla di apocalisse libraria. A parte che il mercato dell'ebook in Italia è così irrisorio che mi sembra di stare disquisendo sulle dimensioni in millimetri del semolino di De Cecco, per darvi un'idea di quanto consideri inutile questo discorso.
Da qualche parte sul sito dell'AIE (o riportato in qualche articolo che adesso non riesco a trovare), viene affermato che il mercato dell'ebook in Italia è pari al 3% (nel 2013, i dati del 2014 non ci sono ancora). Non avremo i numeri del 2014, ma abbiamo un'infografica del The Economist che non è molto incoraggiante. Vedete l'abisso tra la carta e l'ebook (e vedete l'abisso tra noi e gli Stati Uniti?!)?
Quindi, di che stiamo parlando? Tutti a sentirsi minacciati da una cosa che non dico che non esista, ma che al momento ha il peso specifico di un pidocchio nell'universo. 
Come non ricordare poi la campagna Un libro è un libro che, sì, ha portato l'Iva al 4% e poi? E poi niente, gli ebook costavano 10 euro prima e anche adesso continueranno a costare 10 euro, con la conseguenza che i lettori continueranno a non comprare ebook perché costano solo qualche spiccio in meno rispetto al cartaceo e gli editori potranno:
a) lamentarsi che l'editoria è in crisi;
b) lamentarsi che in Italia non si legge;
c) non pagare gli addetti ai lavori perché l'editoria è in crisi;
d) dire che utilizzano quei pochi spiccetti in più che guadagnano con gli ebook per loro stessi, dato che se non s'era capito l'editoria è in crisi.

lunedì 19 gennaio 2015

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo – 19/25 gennaio



Scrivo questo post a un'ora assurda, ché ho avuto un sacco di cose da fare negli ultimi due giorni e quindi non ho avuto proprio il tempo materiale. Ma giammai rinunciare alla seconda puntata di Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo. Piuttosto dormo due ore in tutto, ma non posso restare indifferente davanti alle "bruttiadi" delle uscite di questa settimana. Non so chi si aggiudicherà la Palma d'oro della bruttezza. Finirà in vacca, ve lo dico io, con stagisti incazzosi convinti di aver fatto la copertina più brutta ever. Ecco i candidati.


Non conosco le biografie di tutti gli autori che passano da qui, figuriamoci degli autori di cui non me ne frega assolutamente niente. Conoscevo la signora Adrian di nome e sapevo che aveva scritto la serie dei libri dei baci (bacio oscuro, bacio rubato, bacio svelato, bacio al nonno, bacia tuo zio) ma non sapevo altro. Cercando nell'internet mi sono imbattuta in una pseudo bio dalla quale copio: "I suoi romanzi sono rivolti ad un pubblico di lettori adulti, vista l'abbondante presenza di scene ad alto tasso di erotismo, che, tuttavia, non riescono a non cadere mai nella volgarità". Se nemmeno chi ne scrive sa se i suoi romanzi scadono mai o non scadono o non riescono a non scadere nel non volgare mai, figuratevi io.
Comunque, questa tizia ha pubblicato qualcosa come 20 libri, probabilmente pensando che se non superi il numero raggiunto da Agatha Christie non sei nessuno nel mondo dell'editoria. La trama non me la ricordo tutta: c'è lei che è giovane, bella e adottata, lui tenebroso, gelido e vampiro. Forse è vampira pure lei. Ma non ha importanza; ciò che ha importanza, invece, è questa ragazza, senza collo – va bene, è come se facesse capolino, ma quanto diavolo ce l'ha lungo? Dovrebbe intravedersi almeno, invece niente – e con la faccia livellata dal botulino, appiccicata su dei palazzi (che rappresentano Boston). Con dei pipistrelli sui capelli. O sono uccelli? Uccelli pipistrelli. Perché? Perché gli uccelli pipistrelli? Poi messi lì che, dannazione!, sembra che lo stagista abbia giocato coi trasferelli e ne abbia appiccicato qualcuno lì completamente a caso. Ma, d'altronde, il progetto grafico per la carta che avvolge i lecca lecca a Halloween era ancora buono, che male c'è a riutilizzarlo? I miei complimenti anche per la gestione dei colori, le basi dei chiaroscuri proprio a farsi catafottere. Caravaggio era un cretino, bastava piazzare ombre a caso e andava bene uguale. Tutto quel tempo a studiare gli effetti della luce. Incompetente e fancazzista, se le inventava tutte pur di non lavorare.

sabato 17 gennaio 2015

Gruppo di lettura #5 Il commesso

E, con il mio solito ritardo, eccomi a parlare dell'ultimo appuntamento del gruppo di lettura organizzato da Scratchbook e al quale partecipo tutte le volte che posso. Per chi volesse prendere parte ai prossimi appuntamenti, è sufficiente che clicchi qui e chieda l'iscrizione al gruppo.
L'ultima puntata del gruppo di lettura, di cui faccio un resonconto con molto ritardo, è stata incentrata sulle vergogne. Non abbiamo letto tutti lo stesso libro, cosa che accade di frequente e che, forse, disorienta un po'. Ognuno ha letto il libro che reputava una vergogna non aver ancora letto.
C'è da dire che io ho una lista così lunga di vergogne che è stato davvero difficile sceglierne solo una. Ma tant'è... Il commesso di Bernard Malamud si è aggiudicato il podio. I motivi sono diversi, non tutti da considerarsi intelligenti: Malamud è americano e io adoro la letteratura americana, la copertina è stupenda, non ha tante pagine e quindi potevo leggerlo in breve tempo, lo possedevo in ebook, ne ho sentito parlare un gran bene, è considerato il capolavoro di Malamud.
Un consiglio: non leggete la prefazione di questo libro, o meglio. Leggetela alla fine, è piena di spoiler.

Titolo: Il commesso
Autore: Bernard Malamud
Editore: Minimum fax
Pagine: 327
Il mio voto: 4 piume

Terminato da qualche giorno, riesco a parlarne solo adesso – con decisamente molto ritardo.
Il commesso è uno di quei libri che ci si dice di dover leggere.
"Lo leggerò, prima o poi. Magari appena finisco questo. O magari  dopo quest'altro. Lo leggo sicuramente entro la fine dell'anno."
Più o meno è andata così, l'ho rimandato per diverso tempo senza trovare mai il coraggio di iniziarne la lettura. Avevo paura di Malamud, come ho paura ogni volta che mi approccio alla lettura di un Autore, con la a maiuscola. Mi è successo con Malamud, come mi è successo con Yates e come mi succederà un milione di altre volte.
È stato bello – come lo sarà sempre – chiudere il libro e rendersi conto che quella paura, la paura di non essere all'altezza, era inutile oltre che infondata.
La storia di Morris Bober, della sua triste e in un certo senso travagliata vita, mi ha letteralmente conquistata. Morris possiede un negozio di alimentari che, tra la crisi economica e il sorgere di negozi migliori nelle vicinanze, non se la passa poi così bene. È proprio grazie alla sua attività che la vita di Morris si intreccerà con la vita Frank Alpine, un goy (termine ebraico per indicare persone non appartenenti alla religione ebraica) di origini italiane che si offrirà di aiutare Morris a mandare avanti il negozio. Il commesso non racconta solo la storia di una bottega di alimentari che cerca, in tutti i modi, di sopravvivere alla crisi e alla concorrenza. Racconta anche e soprattutto della condizione umana di una famiglia sfortunata e in balia degli eventi e delle umili e tristi persone che la circondano.
Quando ho iniziato la lettura di questo romanzo non mi aspettavo che fosse triste. O meglio, triste sì ma non così triste. E mi viene da pensare, ma forse mi sbaglio, che della vita di queste persone Malamud se ne sia servito per raccontarci, in verità, le sfaccettature e le complessità dell'animo umano, per mostrarci la sottile linea che separa la fortuna dalla sfortuna, l'amore dall'ossessione, la tristezza dalla felicità. E il lento scorrere delle sue parole fa sì che la tristezza della quale è intriso il romanzo ti entri dentro, ti perfori così in profondità da raggiungere perfino le ossa. Come l'umidità. L'umidità è bastarda, c'è ma non si vede, la senti veramente solo quando ti trapassa e ti lascia spossato e con le ossa e i muscoli doloranti. E la tristezza di Malamud è bastarda tanto quanto può esserlo l'umidità della spiaggia la sera. Quando ti sdrai, incantato a guardare le stelle cadenti e, due ore dopo, hai dolori in tutto il corpo. "E però – ti dici – chi se ne frega", conscio dello spettacolo meraviglioso al quale hai assistito.

"Lo trovava spesso in biblioteca. Quasi ogni volta che vi si recava, Helen lo vedeva seduto a uno dei tavoli davanti a un libro aperto e si chiedeva se tutto quel che faceva durante il tempo libero fosse di venir lì a leggere. Lo rispettava per questo. Lei si recava in biblioteca in media due volte alla settimana, prendendo solo un libro o due per volta, perché ritornare per un altro libero era una delle sue poche gioie. Anche quando era più sola le piaceva trovarsi in mezzo ai libri, sebbene qualche volta fosse deprimente vedere il numero dei libri che non aveva letto. [...] Ma una biblioteca era una biblioteca, e lui ci veniva, come lei, per soddisfare certe esigenze".

lunedì 12 gennaio 2015

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo – 12/18 gennaio


E quindi rieccoci. L'anno nuovo è giunto e qui ce ne siamo accorti appena dato che, contrariamente ai blog normali, in questi lidi non si è fatta menzione a – in ordine sparso –: buoni propositi per l'anno nuovo, libri da leggere prima del 2016, lista dei libri belli letti, lista dei libri brutti letti, il libro più bello letto, il libro più brutto letto o ma anche no, lista dei libri aggiunti in wishlist, lista dei libri regalati, lista dei libri riciclati, la ricetta del baccalà in crosta di patate, lista dei libri ricevuti, incipit più toccanti degli ultimi 20 anni, numero di chili guadagnati a cena a casa della zia. No, qui niente di tutto ciò.
Perciò, dato che è mancato tutto il resto, si festeggia il nuovo anno con una nuova rubrica che, almeno nella mia testolina, pubblicherò ogni lunedì. So già come andrà a finire, perché in parte è già così quando scrivo i post randomici sull'editoria o quando preparo una nuova puntata di Francamente me ne infischio. E cioè che io scrivo e mentre scrivo parlo da sola, rido a crepapelle di ciò che penso (sì, è il primo passo verso la schizofrenia), rileggo ciò che ho scritto e rido (cfr parentesi precedente), correggo fino a stravolgere le frasi, rido di nuovo, mi alzo almeno cinquecento volte per andare in bagno ma poi ricordo che ci sono già stata un minuto prima e che, sebbene abbia la vescica grande quanto un fagiolo – è proporzionata al corpo da hobbit che la ospita – non è che si riempia esattamente ogni due minuti. Ma, bando alle inutili chiacchiere. Oggi siamo qui riuniti per dare il benvenuto alla nuova rubrica Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo che si occuperà di segnalare le uscite settimanali dei libri brutti e dalle copertine brutte.
Ricordate quanto Rob Brezsny aveva detto ai cancerini nell'ultima settimana del 2014? Per chi non lo ricordasse, qui l'oroscopo al quale mi riferisco. E, secondo me, non è un caso che Rob abbia scritto queste parole subito dopo che, in un post dove si evince che quando scrivo lo faccio in preda a uno stato confusionale mica male, avevo avanzato l'ipotesi di dover dedicare ai libri brutti l'attenzione che meritano. Coincidenze? Giacobbo direbbe di no. E quindi: Rob, sia fatta la tua volontà. 
Ho anche il banner per l'occasione, molto bello ed evocativo come quello di Francamente me ne infischio. E dunque cominciamo! Scusate, sono un po' prolissa ma è l'emozione, è la prima puntata, mi sento che tante cose devo sistemare, ma ce la faremo. Suvvia, ai libri brutti!

Riscatto è il settimo (!!) romanzo della serie de La confraternita del pugnale nero scritto da J.R.Ward, altrimenti detta Jessica Bird. Poi mi dite perché una tipa dovrebbe scrivere sempre gli stessi romanzi sotto pseudonimo. Vabbè, comunque, la serie non so di cosa parla e non mi interessa, qui trovate la scheda, se vi va leggetevela. Piuttosto io volevo parlare dell'oscena carta da parati/interno cassa da morto che fa da sfondo a questo tipo con le spalle a gruccetta. Oppure, se proprio vogliamo, dell'ombra che gli sta dietro e che sfida tutte le leggi della fisica non essendo proiettata sul muro ma aleggiando intorno a lui. 
O anche, se preferite, della scelta di utilizzare come font il Garamond, modificando graficamente solo la R di Ward, quella di Riscatto e lasciando invariata – coerentemente soprattutto – quella di J.R.
Io, comunque, vi volevo dire che esiste dafont.com che ti permette di scaricare gratis (GRATIS!!) 26.593 caratteri. Capisco che Word è più semplice da utilizzare, però eh, facciamola una copertina che necessiti più di un paio di minuti per essere realizzata e che, per farla, c'è bisogno di un grafico e non della mia vicina di casa settantenne. A ogni modo, questa è solo una ristampa (la diciannovesima tipo) di un libro pubblicato ovunque con una copertina oscena. Tutta la serie, in verità, ha copertine oscene. Qui degli esempi. C'è quella di Tu sei mio che mostra chiaramente il sosia di Chad Kroeger e che mi fa rivalutare il mio interesse per la serie.