lunedì 30 maggio 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 30 maggio – 5 giugno

Buongiorno!
Oggi stavo per non scrivere questo post perché, gente, sarà che c'è il 2 giugno di mezzo, ma non esce praticamente nulla di interessevole in libreria. Non vi sembra una sorta di ingiustizia?
A me sì. Comunque, a parte questa cattivissima notizia sui libri in uscita, ne ho anche una buona: questa settimana riuscirò a pubblicare In my bookshelf e sarà la puntata più lunga del secolo dato che include due mesi. Aiuto. 
Per il resto, le letture procedono disastrose come sempre, ma ho quasi terminato un libro – evento che mi sembra giusto festeggiare. In realtà durante questa settimana avrò un po' più di tempo da dedicare ai libri e alle serie tv, quindi prevedo grandissimi progressi.
Per il resto è tutto ok, ieri ho avuto la conferma che c'era davvero un motivo per il quale non commentavo mai status e video di gente con un tot di fan su Facebook e il motivo è che il moralizzatore è sempre appostato dietro l'angolo: attende che tu faccia una battuta, che lui non coglie, e giù a moralizzare con aggressività. Gente, relax, è Facebook eh. Non capisco perché si agitano per le idiozie. Ma c'avete una vita? Ecco, vivetevela. Andate a pascolare il cane, a giocare con le foglie, a farvi una birra al parchetto, guardate Uomini e Donne se proprio volete esperire un calo di intelligenza, ma state calmi ché la pressione alta fa un sacco di danni eh, ve lo dico.
Comunque basta, oggi per riprendermi dallo shock andrò al Libraccio, così calmo l'odio per il genere umano. Ma, e dico ma, prima di mandare 98765 mail per lavoro e poi decidermi a lanciarmi nella città, vediamo le due insulse cose in uscita questa settimana.

Questo non è il nuovo numero di Moda Vilona (tipo Postal Market) con la collezione per il prossimo inverno svedese, no. Questa è la copertina di un libro che no, gente, no, non ha a che fare con gli alieni di Roswell e l'Area 51. E no, non è neanche un libro che racconta i terribili esperimenti sugli esseri umani giovani ma con la ricrescita grigia (??). 
Certo, vista così mi fa subito pensare a una trama mista tra Stephen King de L'incendiaria e X-files, però trattasi ovviamente di un'opinione strettamente personale. Che in questo caso potrebbe pure essere considerata oggettiva però eh.
Silence è un ebook – purtroppo non sarà al momento disponibile in cartaceo – che tratta un argomento assolutamente originale: la nostra amica, che ha contemporaneamente 20 e 70 anni, ha smesso di parlare quando ne aveva 5. Il motivo non si sa, ma da quel giorno lei si esprime a gesti, dice la scheda.
A gesti? Cioè come io mi esprimo quando vado in un posto di cui non conosco la lingua? Fateme capì, questa non parla da quando ha 5 anni – quindi, di fatto, ha parlato per pochissimo tempo – e i genitori non le insegnano neanche la lingua dei segni? No, a gesti? Come avrebbe fatto Mowgli? Ma uno psicoterapeuta che facciamo, lo chiamiamo? Sta cosa dei gesti veramente mi fa incazzare. Ve la immaginate una conversazione a tavola con questa tizia qui? Che a gesti vi dice che il broccolo le fa schifo e invece la cicoria è più buona? Mi auguro sia almeno brava a Pictonary, sennò solo coi gesti campa cavallo...
Comunque, non so cosa davvero mi disturba di questa copertina. C'è qualcosa che non va: sarà il Times New Roman senza profondità, senza ombre? Sarà la faccia inquietante di lei? Sarà lo sfondo smarmellato? Sarà l'uccello finto in alto a sinistra? Perché è finto, giusto? Cioè, non faceva originariamente parte della foto. A me sembra disegnato appositamente lì, senza alcun senso, tra l'altro. Non so, ragà, c'è questa cosa per la quale io guardo la tipa e penso che la morte è vicina. Non lo so perché. Me farò tranquillizzare da mia madre, a gesti però. 

Ho una domanda esistenziale. Giuro, è davvero importante. M'è venuta in mente non appena ho visto questa fantastica copertina. Anzi, ne ho due, ma la prima è la più importante. Pronti? Pronti.
Ma chi cazzo è Irene Cao? E, soprattutto, perché dal cognome io me la immaginavo brasiliana o portoghese e poi scopro che è de Pordenone e che, magari, il posto più esotico che ha visto nella vita è Milano Marittima?
La vedo ovunque, pure al Libraccio tra i libri a 3 euro, c'è una pioggia di Ti vedo, Ti guardo, Ti annuso, Ti voglio, Ti sento, Pronto? Spostate che nun pija... 
Me so' persa il momento in cui è diventata famosa. Cioè, il balzo in avanti dallo "scrivo robbette poporno pe l'amiche" ad "autrice di successo da 600.000 copie" (ma poi 'ndo? In Italia ci stanno davvero più di 600.000 lettori? Siamo sicuri?). 
Ma non perdiamoci in quisquilie, ho un'altra domanda importante, forse più importante di quella di prima. Ora, voi lo sapete che io parlo sempre dopo aver fatto le prove, normalmente in bagno. E quindi, ci ho provato a mettermi i capelli in faccia e la domanda è: ma alla tizia non viene da starnutire? Perché, ragà, a me dopo i primi due secondi mi prudeva tutto, ho cominciato a starnutire, per non parlare poi della scomodità della cosa perché, volente o nolente, i capelli fanno sudare. Capite? Quindi alla fine ce li avevo tutti appiccicati in faccia e niente, il risultato era tutto fuorché che erotico.
La scheda comunque ci tiene a dirci che Bianca, la protagonista, normalmente non si benda coi capelli – per fortuna, sennò sputava in faccia agli amanti a ogni starnuto – ma vive con Sebastiano, l'amore della sua vita. Per lui ha rinunciato a un sacco di cose, una carriera promettente, la conquista del mondo, la manicure tutte le settimane, i peli superflui in abbondanza, ma a lui sembra non fregargliene proprio un fico secco perché zànzànzàn: la tradisce. Quindi lei piuttosto che evirarlo con un pezzo di vetro e chiamare un divorzista che l'avrebbe aiutata a lasciarlo sul lastrico, decide di partire alla volta dell'isola dove sua madre se spaccava de canne quando era giovane. Arriva lì e scopre la nuova dimensione del sesso che la libera dal passato. Io boh, vabbè. Ma il divorzista, magari bono, non era meglio? E comunque fattele pure te due canne, magari la smetti di metterti i capelli in faccia.


Per questa puntata è tutto, vi auguro una settimana di uccelli finti appositamente disegnati sui vostri selfie, e un sacco di gesti per farvi passare il sale dal vicino. Al prossimo lunedì!

mercoledì 25 maggio 2016

Questione di incipit #8



Buongiorno!
Quanto me fa strana 'sta cosa che vi auguro buongiorno alle 21.30 del giorno prima non c'avete proprio idea. Ma non potevo scrivere questo post il giorno stesso della sua uscita perché, come al solito ultimamente, sono in ritardo sulla mia tabella di marcia (quindi sto semplicemente meno in anticipo, ecco) e sto correndo per andare in ufficio con il computer, la borsa con i libri, il pranzo, il lettore ebook (leggo a sentimento e a disponibilità di spazio sui mezzi), la bottiglia d'acqua, la tisana, un cappello a cilindro compreso di coniglio, uno stendino, un asse da stiro, il mio cervello (se me ricordo).
La situazione dei libri in lettura non è affatto migliorata, ho avuto una settimana allucinevole che mi ha costretta a leggere pochissimo. Che poi io odio leggere poco, davvero, perché non mi rilasso. E se non mi rilasso io che ho l'ansia, va a finire che c'ho l'ansia al quadrato e sapete che vuol dire? Che la mattina a darmi il buongiorno c'è la mia amica Gastry (gastrite).
Che, voglio dire, è una delle amicizie più solide coltivate negli anni, c'era in tutti i miei momenti importanti, ho sempre potuto contare su di lei anche quando ero in difficoltà. Anzi, quando sono in difficoltà è proprio la prima a palesarsi solitamente, seguita da Insomnia. Comunque, niente, per dire che la situazione non è migliorata ma, anzi, peggiorata. Perché? Perché ai cento libri in lettura ne ho aggiunto un altro, perché sennò non sono contenta. E poi perché devo scrivere So classy! di questo mese e dovevo iniziare il libro di cui parlarvi, prima o poi. E quindi... E quindi andiamo a vedere di che libro vi parlerò in So classy! e paragoniamolo a un libro un po' più... Un po' più... Un po' più. Fine.

Il libro che ho scelto per la nuova puntata di So classy! è La casa della gioia di Edith Wharton, pubblicato per la prima volta nel 1905. È vero, tecnicamente non siamo più nell'800 e certamente non siamo in Inghilterra. La Wharton è, però, nata nel 1862 e ha quindi vissuto una buona parte del'800.
Non ho mai letto nulla di questa autrice – shame on me! – e il progetto di dar spazio alle voci femminili che intercorrono nel periodo che va da Jane Austen a Virginia Woolf mi permetterà sicuramente di conoscere lavori e autrici che, fino a ora, non avevo considerato.
La casa della gioia, quarto romanzo di Edith Wharton, narra la storia di Lily Bart, una giovane americana appartenente all'alta società la cui famiglia è in decandenza e che diventa vittima dell'aria che tira nella New York borghese del primo '900. Un po' un tema che, in altro modo, ha anche affrontato Elizabeth Bowen (sebbene la Bowen sia irlandese) e che mi affascina sempre molto. A me, non so se s'è capito, la roba alla Dowton Abbey – come ambientazione, intendo – piace moltissimo e se vi è anche una cospicua dose di critica alla società è ancor meglio. Perché io, in fondo, sono sempre stata un po' demodé non solo nell'animo, ma anche un po' nel vestiario e nell'atteggiamento. L'edizione in mio possesso è questa qui de La tartaruga, casa editrice ormai fallita, che ho acquistato al Libraccio per la cifrona di 3,45 euro. Adesso che ci stanno i remainders al 65% costa pure di meno. Traduzione di Clara Lavagetti Sforni.


1

Selden s'arrestò sorpreso. Alla vista di Lily Bart nella calca pomeridiana della Grand Central Station i suoi occhi si erano illuminati.
Era uno dei primi lunedì di settembre e Selden tornava in città dopo una scappata frettolosa in campagna; ma cosa faceva mai Miss Bart in settembre a New York? Se l'avesse vista prendere il treno avrebbe pensato di averla sorpresa durante lo spostamento da una all'altra delle ville di campagna che si contendevano la sua presenza dopo la chiusura della stagione a Newport; ma la sua aria indecisa lo rendeva perplesso. Era ferma, leggermente discosta dalla folla, e lasciava che questa le fluisse davanti, diretta alla strada o alle banchine, con una tale aria di irresolutezza dipinta sul volto che avrebbe potuto benissimo mascherare una decisione ben premeditata. Così pensava Selden, quando gli venne in mente che forse aspettava qualcuno, senza sapersi spiegare perché proprio questo pensiero l'avesse fatto fermare. Non c'era nulla di nuovo in Lily Bart, eppure, come ogni volta che la incontrava, non poteva sfuggire ad un vago senso di curiosità: il più semplice dei suoi atti pareva il risultato di intenzioni che miravano a qualcosa di preciso.
Un impulso di curiosità lo spinse a cambiare direzione e invece di avviarsi all'uscita, le passo accanto con aria noncurante. Sapeva che se aveva deciso di non essere vista, avrebbe trovato il modo di evitarlo, e lo divertiva l'idea di mettere alla prova le sue abilità.
– Mr Selden! Che piacevole sorpresa!
Gli andò incontro sorridendo, con un non so che di ansioso nella decisione di fermarlo. Un paio di passanti si attardarono a guardare: Miss Bart era così bella che avrebbe fatto fermare anche il borghese di provincia che si affretta all'ultimo treno.
A Selden non era mai apparsa più attraente. La testa vivace, messa in rilievo dallo sfondo smorto della folla, risaltava più ancora che tra le luci di una sala da ballo, e il viso, sotto il cappello scuro e il velo, era liscio come quello di una ragazza, con una pelle perfetta che ormai, dopo undici anni di ore piccole e d'instancabile ballare, incominciava appena ad oscurarsi un poco.

lunedì 23 maggio 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 23/29 maggio


Questa puntata neanche volevo scriverla, lo ammetto. I motivi sono due: il primo è che davvero non c'avevo voglia, periodo strano, succedono un sacco di cose spiacevoli tutte insieme e non capisco se è un messaggio del karma per comunicarmi che mi sta punendo per delle colpe indicibili (magari me le comunicasse pure però eh, ché io a legge dentro la mente altrui non so' mai stata brava), oppure se è un messaggio per spingermi ad andarme; il secondo motivo è che la prima cosa che ho appreso cercando le notizie che riguardavano i libri in uscita è dell'esistenza di una tizia che ha 18 anni e qualcosa come 132 mila fan e io non l'ho mai sentita nominare. La cosa non sarebbe grave se non avesse anche scritto un libro. E comunque la domanda di oggi è: perché dovrei guardare il vlog di qualcuno che, a differenza mia che sono a casa a fare un lavoro di merda, è a Londra a spendere soldi o sta andando a comprarsi il nuovo MacBook? Ditemi, ditemi pure che utilità hanno i vlog e perché dovrei guardarli, perché io non ci arrivo da sola, giuro.
Ma bando alle inutili discussioni su gente a caso che scrive libri e su gente a caso che si compra i MacBook, vediamo cosa c'è in libreria questa settimana. Me devo da sbrigà perché oggi devo partecipare a una riunione di lavoro dove manca solo il Papa e la cosa bella è che io non c'entro niente, ma quell'illuminato (ironia) del mio più o meno capo (faccio la freelance) non ci è ancora arrivato.

Un appunto, prima di cominciare con i miei soliti commenti, è d'obbligo: ma c'avete pure pensato prima di scegliere il colore con cui avreste scritto il titolo? Perché se c'avete pure pensato non c'avete pensato abbastanza, fidatevi. Senza senso proprio, non c'entra niente e non ci sta neanche, se proprio vogliamo dirla tutta. Le regole per abbinare i colori le mandiamo direttamente a quel paese ché, tanto che ce frega, c'è anarchia nell'ambito della grafica editoriale, le regole stupide non è necessario rispettarle.
Che poi si legge male, pare sbavato (invece è l'ombreggiatura per renderlo meno fosforescente), non c'entra davvero una mazza... Ma come se fa? Come? 
Sebbene sembri la storia di una che sta valutando la temperatura dell'acqua (tesò, ma hai visto che cielo che c'è? Sicura che vuoi farti il bagno?), la scheda ci dice che siamo in Norvegia nel 1893. Questa ragazza sta raccogliendo conchiglie, mi auguro, perché tesò tra i fiordi io dubito che troverai delle telline con cui farti la pasta.
Dicevamo, questa tizia si chiama Johanne, vive nel villaggio di Åsgårdstrand – a qualche chilometro da Oslo – e, ogni volta che viene mandata a raccogliere fragole da vendere ai turisti, si reca a casa del pittore Edvard Munch che è "malato" e che la comunità guarda con grande sospetto. Johanne, cara, anche tu sarai guardata presto con sospetto dalla comunità se per raccogliere le fragole vai in spiaggia, lo sai sì? E infatti la madre, insospettita dal fatto che tornasse a casa con le scarpe piene di sabbia, decide di mandarla a lavorare presso una famiglia importante per tenere compagnia a Tullik, una ragazza di qualche anno più grande e che probabilmente sa dove crescono le fragole. Tra le due, manco a dirlo, nasce una passione travolgente che metterà a rischio anche le opere di Munch e la causa, probabilmente, sarà una lotta all'ultimo sangue con lancio di conchiglie e fragole sul bagnasciuga. Quanto romanticismo.

Questi qui della serie Prodigium fanno proprio sul serio e cercano, libro dopo libro, di fare sempre peggio. Quella cosa gialla cosa è? Vernice? Succo di mango? Pus? Urina? Facciamo che non lo voglio sapere perché in questa serie c'hanno davvero dei problemi con la roba liquida (qui le altre copertine).
Avevamo lasciato Sophie nel pieno di una pioggia di Broncovaleas e temo che sia morta annegata perché la protagonista di Magico si chiama Izzy. 
Insomma, cercare di uscir fuori dalle pozzanghere di sciroppo per la tosse è come avere a che fare con le sabbie mobili, morire è facile, ma mi aspettavo che Sophie soppravvivesse. Vabbè.
La scheda ci dice che Izzy non è una quindicenne normale – per stare in quella posizione no che non deve esserlo – perché è stata addestrata per combattere mostri.
Quando la sorella scompare senza lasciare traccia, invece di chiamare Chi l'ha visto? e la polizia, lei e la madre decidono di cambiare città. Brave, andateve, così se per sbaglio torna non ve trova. Quando si dice la genialità. E soprattutto l'affetto per i propri familiari.
Se ne vanno e dove vanno? In un posto che c'ha il liceo infestato da un fanstasma, così riusciranno a fare pratica. Eh? Ma non erano addestrate coi mostri? Sentite, io queste due non le chiamerei neanche se in casa c'avessi un'infestazione di formiche, figuriamoci se avessi problemi con mostri e fantasmi. In più quell'uccello sghembo in basso a destra mi inquieta non poco, soprattutto perché ha preso il posto del gatto impagliato degli altri libri. Sapete cosa vuol dire? Che adesso è solo posizionato lì in basso a destra, dal prossimo numero lo troviamo seduto come un essere umano o che se fà una partita a canasta. E me mette ansia 'sta cosa, va bene? 

venerdì 20 maggio 2016

Sopravvivere al Salone Internazionale del libro 2016 ovvero cercare di non annegare nei sentimenti

Il Salone è finito anche quest'anno, anche quest'anno non sono riuscita a organizzarmi senza perdere del tempo, anche quest'anno ho vagato senza meta, anche quest'anno – come l'anno scorso – mi sono procurata qualche vena varicosa in più. Ho anche ovviamente acquistato (e te pareva!), ma molto molto molto meno rispetto allo scorso Salone.

Un po' perché, gente, c'ho così tanta roba a casa che se ne aggiungo altra completamente a caso rischio di morire schiacciata dal peso della cultura, un po' perché ho bisogno di liberarmi di quanta più "vecchiezza" possibile perché (lo dice anche Rob Brezsny nell'oroscopo di questa settimana) ho bisogno di un nuovo inizio. E il mio nuovo inizio includerà anche una liberazione da ciò che è vecchio, libri inclusi. Insomma, nei prossimi mesi – prima del mio compleanno, dice sempre Rob – mi dedicherò al decluttering di tutto: abiti, persone, libri.
Certo, il mio decluttering di libri non procede esattamente spedito perché continuo a distrarmi con gli ebook e i gruppi di lettura e quindi niente, dei libri "vecchi" ne ho letti davvero pochi dall'inizio del 2016, ma cercherò di recuperare nella corsa verso luglio (quando farò il compleanno).

L'altra novità, oltre all'esiguo numero di volumi acquistati – che vi illustrerò tra poco –, consiste nell'aver partecipato ad alcuni incontri e non soltanto per avere una sedia sulla quale poggiare il mio deretano, sebbene il problema delle sedute persista nell'organizzazione del Salone. Credo si tratti di una sopraffina tecnica di marketing secondo la quale vogliono circuire il tuo cervello provato già dall'assenza di riposo adeguato, cosicché ci si ritrovi a fare acquisti sconsiderati di libri dei quali, francamente, prima di entrare al Salone bellamente te ne infischiavi.
Probabilmente funziona così anzi, ne sono quasi certa. Ma io, impavida, ho resistito: neanche un Newton Compton da 5 euro tra i miei acquisti, quindi la deprivazione da sonno e riposo con me funziona in altro modo. Cioè, divento molto aggressiva, ma non mi concedo acquisti completamente casuali.

La stanchezza e il caldo – gente, allo stand Fazi ho temuto di morire e ho preso a sventolarmi prepotentemente con la cartina del Lingotto mentre attendevo La Leggivendola – mi hanno però portata a dimenticare di acquistare un libro che, argh!, deve ancora uscire in libreria e che CasaSirio però aveva portato al Salone.
Si tratta di Elementare, cowboy di Steve Hockensmith che mi preoccuperò di ordinare sul loro sito in questi giorni perché mi piace la copertina, il titolo e pure la trama e quindi deve essere mio.

Sarò perdonata, spero, dato che l'ho dimenticato non solo a causa del caldo e della stanchezza, ma anche perché quel pomeriggio avevo assistito alla presentazione di Charlotte Brontë. Una vita appassionata di Lyndall Gordon e, mentre durante la presentazione sono riuscita a tenere a freno le lacrime, al momento della dedica da parte dell'autrice non ce l'ho fatta.
Testimone Letture sconclusionate, mi sono lasciata andare in un piccolo pianto di commozione perché, insomma, la gente piange per Vasco Rossi e io, invece, piango per chi si avvicina più alla voce della mia autrice preferita che non potrò mai incontrare. E poi, non so, sarà che a me la vita di Charlotte e la sua figura toccano in particolar modo, sarà che si tratta di un periodo non particolarmente felice, ma le lacrime sono scese da sole. Fortuna che Lyndall Gordon non si sia accorta di niente perché scommetto di essere stata l'unica sulla faccia della Terra a essersi commossa alla presentazione di una biografia.

mercoledì 18 maggio 2016

Questione di incipit #7


Ok gente, ok. Avrei tipo il resoconto del Salone da scrivere e anche la puntata di So classy! e ho miseramente saltato In my bookshelf di questo mese (la prossima puntata vorrà dire che sarà doppia), ma non posso anche saltare Questione di incipit.
In realtà il rischio che non scrivessi questo post c'era ed era anche molto concreto, considerando il fatto che dopo decenni mi sono ritrovata a dormire più delle consuete 7 ore a notte e mi sono svegliata come se un transatlantico mi fosse passato sulla faccia.
Inoltre al momento sto leggendo davvero un milione e mezzo di cose contemporaneamente, tra cui un libro in inglese iniziato a Dublino e non ancora terminato, per cui non so proprio davvero cosa farvi sbirciare. Il fatto è che questo atto di bulimia è dovuto a un momento di indecisione e di estrema ricerca per tutto quello che di bello c'è in giro, perché dopo circa un anno e mezzo di libri in maggioranza brutti, si sviluppa una sorta di paura di rimanere a corto di libri belli.
C'è da dire che nessuno dei libri che sto leggendo è brutto, quindi sono circondata da libri belli (belli per me, ovviamente) e questa cosa mi rallegra non poco.
E niente, sono anche emozionata perché non appena terminerò uno dei centordici libri in lettura ne aggiungerò altri centordici e mi auguro anche che il momento bulimico passi sennò c'abbiamo un problema. Volevo, tipo, recuperare il buon vecchio Geroge R.R. Martin, quindi devo eliminarne davvero qualcuno tra i 6 in lettura. Ma ecco, via, andiamo a vedere che cosa sto leggendo!

Confesso: conoscevo già Anime baltiche prima ancora che venisse proposto da babalatalpa di Librinvaligia al Bookclub del Klamm (che cambia sede e giorno della settimana, ma non è questa la sede per parlarne). Ma la confessione non riguarda il fatto che lo conoscessi, riguarda piuttosto il fatto che lo conoscevo per la meravigliosa copertina – come 3/4 delle copertine di Iperborea, ammettiamolo.
Non sapevo, però, che non si trattasse di un romanzo e questo, ammetto, mi ha fatto rimanere un po' male perché io, è innegabile, preferisco la narrativa a tutto.
Si tratta comunque di un libro strutturato molto bene e decisamente interessante, che riporta le testimonianze e le vicende di quella parte del nord Europa che non viene praticamente mai considerata (Lettonia, Estonia, Lituania) e che i più appioppano alla Russia. Jan Brokken decide di scrivere un reportage, che non è solo un banale reportage, riportando le vite di persone celebri e persone comuni che hanno vissuto una vita straordinaria e lo hanno fatto donando vitalità a una terra contesa storicamente e poi dimenticata. Traduzione di C. Cozzi e Claudia Di Palermo.


1. 
ORGOGLIO 

La figlia di Jakobson Estonia, settembre 1999 Al largo i marinai erano un’ottima compagnia. Dal Dollart al Sund mi ero goduto i racconti di tempeste e naufragi con cui Huig, Melle e Aristides condivano i pasti, ma sulla terraferma mi sembrarono tipi un po’ rozzi.
Avremmo dovuto raggiungere Oulu, il porto più a nord della Finlandia, per portare sale e caricare pasta di legno. Ma vedendo la stiva, il noleggiatore cambiò idea: era troppo sporca per trasportare sale da cucina. 
Dopo ventiquattr’ore di attesa al porto di Emden, il cabotiero si vide assegnare un’altra destinazione: Pärnu, in Estonia. Conoscevo il paese solo di nome, per via di quell’elenco imparato a scuola: Estonia, Lettonia e Lituania. Una filastrocca impossibile da dimenticare. 
Aristides, il cuoco di Capoverde che da una vita navigava al Nord per conto di armatori olandesi, era già stato una volta in Estonia, quando il paese faceva ancora parte dell’impero sovietico. All’ultimo momento tre poliziotte erano venute a piantonare la nave, una alla passerella e le altre due vicino alle cime d’ormeggio. Le tre virago russe si erano fatte portare una seggiola e avevano gridato in olandese: “Cuciniere, mangiare!” Ricevettero di che sfamarsi. Dopodiché gridarono: “Cuciniere, scopare!” Sapevano queste frasi in tutte le lingue. 
Quattro giorni dopo avvistammo le coste della Curlandia. Le dune erano talmente bianche che le scambiai per scogli di gesso. Più a est la spiaggia si allungava come una larga striscia di luce accecante. 
Sotto la punta dell’isola di Saaremaa la nave imboccò lo stretto che dà accesso al golfo di Riga. Boschi di conifere si profilarono all’orizzonte, infiammati dagli ultimi raggi del sole. 
Il capitano, vecchio e prudente, mise Huig, Melle e me di vedetta. Secondo Huig era arteriosclerotico:arteriosclerotico: erano secoli che nessun capitano gli ordinava più di scrutare il mare a occhio nudo. Dalla scoperta delle onde radio, ci si affidava al radar. Ma il capitano aveva visto sulla carta nautica così tanti punti esclamativi che non si sentiva affatto a suo agio. Il golfo di Riga era un campo minato. I sovietici avevano piazzato le mine quando le acque del golfo erano ancora vietate alle navi straniere, e lì erano rimaste. 

lunedì 16 maggio 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 16/22 maggio


Buongiorno! 
Oggi è lunedì anche per me; ultimamente mi accade anche troppo spesso, pure in altri giorni della settimana. Cioè, succede che è giovedì ma a me va tutto storto come fosse un lunedì di quelli in cui piove e tu hai lavato i capelli il giorno prima (è un classico del lunedì), esci con soli 5 minuti di ritardo che, per una strana legge statistica, aumentano con l'aumentare delle cose che hai da fare, così va a finire che se alle 8 eri in ritardo sulla tua tabella di marcia di soli 5 minuti, alle 12 sei in ritardo di 45. E poi quelle cose belle per le quali cerchi di metterti il mascara all'occhio semi-chiuso, concentratissima, desiderando ancora il letto, e ti viene da starnutire, cosicché il liquido nero ti finisce dappertutto e lo spazzolino del mascara esplora la tua cornea trovando anche antri oscuri. Così sei costretta a lavarti di nuovo la faccia, ricomporre il tutto – e già era stato difficile la prima volta cercare di non sembrare un cesso a pedali –, e aggiungere meravigliosi minuti al ritardo già accumulato.
Ecco, oggi per me è un lunedì che ha tutta l'aria di essere un lunedì. E pensare che io, stamattina, volevo andare a pilates, per riprendermi dallo shock emotivo che è stato il Salone (ne riparleremo). 
Comunque sbrigamose che c'ho tipo seimila cose da fà e sto già in ritardo (giustappunto), non so come si fa a vivere sempre in ritardo. Io c'ho l'ansia a manetta che, sebbene sia lo sport più completo (cit. dovuta), non mi fa vivere poi così bene.
Ora basta, forza, andiamo a vedè che cosa esce in libreria questa settimana!

Che ve devo dì, la figlia del gommista c'ha n'amica del cuore a quanto pare e la troviamo sulla copertina di Con te toccherò il cielo con un dito.
Io non ce l'ho con loro due eh, sia chiaro, ma con gli scatti che vengono scelti per le copertine. Mi dite che scatto è questo? Che cosa mi rappresenta questo primo piano con lei che ha lo sguardo di una che ha appena visto la faccia di Gesù palesarsi sulla sua porta? Io veramente delle volte temo di essere stupida perché non capisco cosa vogliono comunicarmi. Quindi, per favore, ditemelo voi che me sta a significà lo scatto più brutto che potevano fà all'amica della figlia del gommista. Seriamente qualcuno trova attraente lo sguardo vacuo da pesce sul banco al mercato, morto da più o meno un paio di giorni? Poi, cocca, senti. Hai il cappello bianco e la sciarpa beige (in basso a sinistra), non ti sembra di esagerare con la moda? Fai come la tua amica almeno, che tiene il cappello anche dentro casa (poi me dite perché eh), ma almeno lo coordina bene con le altre cose che indossa.
Interessante, come sempre, la frasetta in basso: "n°1 in classifica in Italia". Vabbè, sto 'libro esce il 19, ma loro sanno già che è primo in classifica. Io, ve lo dico, domani cerco di andare da loro in redazione e me faccio legge la mano, perché so' troppo bravi con le previsioni, magari me faccio pure dà i numeri da giocare. Se funziona organizziamo i megabus da tutta Italia, visita in casa editrice per la lettura della mano e i numeri vincenti.
Dice la scheda che Con te toccherò il cielo con un dito (perché limitarsi a un dito? Di faccia ci devi sbattere contro il cielo, vediamo poi come te senti dopo) è la storia di Maisie che ha tutto fighissimo nella sua vita fino a quando non incontra Zach, un delinquente disadattato. Da lì, sarà il karma, sarà che l'unico a cui le cose non vanno mai male è Gastone Paperone e te invece te chiami Maisie Preston, sarà che l'amiche tue te l'hanno tirata perché, 'nzomma, Maisie pestala 'nammerda ogni tanto, ma fatto sta che arriva Zach e va tutto a rotoli. E niente, l'autrice è la stessa di quel libro in cui c'è una tizia per i fatti suoi e un ragazzo entra dalla finestra e si mette a dormire nel suo letto, ve lo ricordate? E quindi di che cosa stiamo parlando?

Non so cosa hanno combinato con i filtri del colore, per cui risulta lo sfondo verde a sinistra, e salmone chiaro in alto a destra. Così come la giacca della tizia, verde sulle spalle, nero/viola sulle maniche. Forse erano sotto ketamina pesante, o forse hanno preso una tizia come me e le hanno intimato di usare Photoshop (pena la morte) e questo è il risultato. Stai lì e non sai che cosa cliccare, ma la paura della morte è troppo forte, così cominci ad aggiungere livelli casuali, a cliccare colori random, manina, secchiello di vernice, contagocce e freccetta ed esce 'sta roba qua: una tizia con la faccia tendente all'arancio e la mano tendente al blu.
Comunque, mo' pe' dilla tutta, anche senza i colori completamente casuali, era una foto terrificante lo stesso.
Cosa cazzo mi rappresenta, cosa? Una tizia coi capelli in faccia – mi auguro sia accanto a un ventilatore o a un balcone aperto – che indossa la giacca più pacchiana ever e c'ha freddo. Soprattutto, è una parrucca? Cioè, a me sembra sia una parrucca. Quasi mi auguro che lo sia perché se quelli sono i tuoi capelli e il parrucchiere non è neanche riuscito a farti uno scalato semplice, amica, legateli te prego. E cambia parrucchiere di corsa proprio. Poi ormai c'hai l'ipotermia nella metà sotto del corpo, lo chiudemo 'sto balcone o stai cercando di suicidarti?
La scheda non riporta esattamente la trama, quindi non sappiamo chi è sta tizia e se, soprattutto, la voce della quarta di copertina è la sua. Pare che qualcuno (una lei o un lui) debba usare una lei per raggiungere il padre e deve far sì che lei si innamori prima di capire cosa sta succedendo. Mi piacciono ste storie, sapete perché? Perché i protagonisti sono sempre così sicuri di fare innamorare la gente a comando. Lo sapete, sì, che la possibilità di stare sul cazzo a questa lei è almeno del 50% (e se la lei in questione fossi io, sarebbe pericolosamente vicina al 70)? Ma poi, ad esempio, se lei è una di quelle che parla solo di smalti e tu solo di motori, come fate a innamorarvi?! Vabbè, sentite, è un libro di merda, spero che almeno a metà libro qualcuno le porti una giacca di lana, sennò l'abbiamo persa con la morte più cretina del mondo. Me li immagino già i titoli dei giornali: giovane ragazza con parrucca muore per balcone aperto.

E vabbè, quando una, con indosso un vestito di cartapesta, sta in cielo ma anche sott'acqua con sette palloncini rosa in mano che le vuoi dire?! Niente, che le vuoi dire, le puoi al massimo indicare la strada per raggiungere l'ospedale psichiatrico più vicino.
A chi ha fatto la copertina invece che ce le avrei due cose da dire, tra un turpiloquio e l'altro, ovviamente.
Come t'è venuto in mente, tesò, di mettere la superficie dell'acqua vista dall'alto, ma come se la tizia invece la vedesse dal basso verso l'alto? Cioè, io seriamente non ho capito la prospettiva de sta cosa. Va bene, è fantasia, il cielo sta sotto e l'acqua sopra perché io so' creativo, che ne voi sapè te che sei razionale. Sì. Ok. Però non ho capito comunque, come non ho capito perché una nei propri sogni è vestita come una deficiente. Almeno nei sogni, cazzo, posso essere più alta, più bona, più simpatica, più intelligente? No. Umiliata pure nei sogni oltre che nella realtà?
Vabbè, tanto 'sta mentecatta non è la protagonista di questo libro. Infatti, la scheda dice che questa è la storia di un ragazzino di 13 anni con un migliore amico bizzarro e geniale ma senza un padre. Il padre di Henri è un reporter di guerra e Henri non lo ha mai visto, così lo invita alla giornata genitori-figli a scuola e lui ci va. Eh? Cioè, fammi capì, questo fa il giornalista e non torna mai a casa, MAI, ma per la giornata di scuola genitori-figli sì. 13 compleanni precedenti erano meno importanti della giornata della scuola? Ma la madre in tutto questo dov'è? Perché non j'ha menato al padre di suo figlio o non l'ha messo sotto sul vialetto de casa? C'aveva pure la scusa che non sapeva chi era, dopo 13 anni è possibile non riconoscerlo, urli "al ladro!" e gli parcheggi sopra. Vabbè, comunque, poi Henri salva la vita di una bambina, ma muore per 8 minuti e poi rimane in coma, nel mondo dei sogni dal quale comunica la cosa più importante di tutte: l'amore. Eh? Che vuol dire? Uno in coma, raga, non comunica niente, neanche l'orario, figurati l'amore. Perché scrivete minchiate nelle quarte di copertina, perché?


Per questo lunedì è tutto, vi auguro una settimana di ventilatori accesi, abiti in cartapesta e mercati del pesce. Magari tutto nella stessa stanza. Buon lunedì di merda a tutti!

mercoledì 11 maggio 2016

Questione di incipit #6


Buongiorno!
Rieccomi in carreggiata dopo le vacanze e un periodo – breve e non risolutivo – durante il quale ho pensato che cosa fare di questo spazio qui, se continuare a investirci del tempo oppure no.
È una decisione che, immagino, prenderò davvero prima o poi anche se alle volte mi viene un po' di sconforto e penso che abbandonare tutto sarebbe molto più semplice. E comodo.
Che dire, sono tornata da Dublino ed è sempre un grande piacere vederla (anche se quando piove sembra un po' Gotham City). È stato bello, come sempre. Impossibile che non lo sia, Dublino è pur sempre Dublino.
Domani, inoltre, parto per andare a Torino in occasione del Salone Internazionale del Libro e, come ogni anno, non vedo l'ora. Non perché sia una cosa senza la quale non si può stare eh, anzi, ma è perché è un'occasione per scoprire tanti nuovi libri e per incontrare persone.
Insomma, è una di quelle cose che attendo sempre con un po' di adrenalina in corpo.
Dopo questa breve e inutile introduzione, passiamo alle cose serie e cioè all'incipit di uno dei secentordici libri che sto leggendo (quando la finirò di leggerne un milione contemporaneamente, magari...).

Ebbene sì, anche io ho ceduto a Ross Poldark di Winston Graham. Un po' perché così potrò iniziare la serie tv con Aidan Turner senza sentirmi in colpa verso il mio lato nerd, un po' perché io quando vedo cose ambientate (e magari anche scritte!) in Anglosassonia tra il 1700 e il 1800 non capisco più nulla. Ognuno ha i propri punti deboli, che ci posso fare? Io mi emoziono con il '700 e l'800 inglese (ma anche americano eh, basta che sia anglosassone).
E quindi, di che parla Ross Poldark? Si tratta del primo volume di una serie storica – capite l'emozione? Capite? –, con protagonista Ross Poldark, figlio di un piccolo possidente, che torna a casa dopo aver combattuto con l'esercito degli inglesi durante la Rivoluzione americana.
Al suo rientro, a causa di voci che lo davano per morto, scopre che la sua amata e promessa sposa Elizabeth sta per sposare un altro uomo (e lasci così Aidan Turner? Laggente non capisce proprio). Scopre, inoltre, che Nampara – la casa da lui ereditata – è ormai in stato di abbandono. Ross Poldark decide, così, di dedicarsi al recupero della sua dimora, cercando di recuperare gli affari lasciati dal padre.
Insomma, che dire, io già lo amo. Non lui – anche lui, in effetti – ma il libro. Vi lascio sbirciare l'incipit, ditemi un po' che cosa ne pensate.

Prologo

1

Joshua Poldark morì nel marzo del 1783. Nel febbraio di quell’anno, consapevole del fatto che non gli restava molto da vivere, mandò a chiamare suo fratello a Trenwith.
 Charles arrivò in un pomeriggio freddo e grigio caracollando in sella al suo robusto cavallo roano, e Prudie Paynter, una donna grassa, dai capelli flosci e dal volto scuro, lo accompagnò nella camera dove Joshua giaceva sul grande letto chiuso da pannelli, sostenuto da guanciali e cuscini. Charles si guardò attorno con occhi azzurri, piccoli e acquosi, notando il disordine e la sporcizia, quindi sollevò le code della giacca e si accomodò su una sedia a dondolo che scricchiolò sotto il suo peso. 
«Ebbene, Joshua.» 
«Ebbene, Charles.» 
«Questa è una brutta faccenda.» 
«Brutta davvero.» 
«Quando conti di essere di nuovo in piedi?» 
«Difficile dirlo. Ho come l’impressione che il cimitero mi stia aspettando.» 
Charles sporse il labbro inferiore. Non avrebbe dato peso a quelle parole se non avesse saputo che le cose stavano davvero così. Ebbe un piccolo singulto – da qualche tempo, quando andava a cavallo, gli si riempiva sempre lo stomaco d’aria – e subito cercò di mostrarsi rassicurante. 
«Non dire sciocchezze. La gotta alle gambe non ha mai ucciso nessuno. È quando risale fino alla testa che diventa pericolosa.» 
«Non è quello che mi ha detto Choake. Secondo lui, la causa del gonfiore è un’altra. Una volta tanto, ho idea che quel vecchio idiota potrebbe aver ragione. Anche se, Dio mi è testimone, a giudicare dall’aspetto sei tu quello che dovrebbe essere a letto, visto che sei il doppio di me.»
 Charles abbassò lo sguardo sulla vasta distesa ricamata di nero del panciotto che scendeva da sotto il suo mento. 
«La mia stazza è tutta salute. È normale che gli uomini mettano su peso quando raggiungono la mezza età. Non vorrei mai essere tutto pelle e ossa come nostro cugino William-Alfred.» 
Joshua inarcò un sopracciglio con aria ironica, ma non fece commenti. Scese il silenzio. Da molti anni i due fratelli avevano ben poco da dirsi e in quel loro ultimo incontro chiacchierare di piccole cose era difficile. Charles, il maggiore nonché il più facoltoso, che possedeva la casa di famiglia, le terre e gran parte delle quote della miniera, era un personaggio molto rispettato nella contea, eppure non era mai riuscito a liberarsi del sospetto che il fratello minore lo disprezzasse. Per Charles, Joshua era sempre stato una spina nel fianco, perché non aveva mai fatto nessuna delle cose che ci si era aspettati da lui: prendere i voti, o entrare nell’esercito, o sposarsi in modo opportuno, lasciando così a Charles il compito di gestire il distretto. 

***

E siccome che questo non è già un bel periodo orrido, ho deciso di dare una possibilità alla mia amica figlia del gommista. Insomma, la serie che ha tutti romanzi uguali ma con protagonisti diversi devo assolutamente leggerla.
Sì, lo so, sono indietro con le altre sòle incredibili di cui vi ho parlato nelle puntate precedenti ma credetemi se vi dico che non riesco a stare dietro neanche ai libri belli. Un periodo incasinato questo, soprattutto per il mio cervello. Un giorno, abbiate fede, vi sarà tutto più chiaro.
E comunque, la storia di questo romanzo sulla figlia del gommista è che tipo lei è la solita noiosona figlia di buona famiglia, tutta casa e chiesa e che ha anche i genitori più noiosi del circondario. Dai lei vogliono ottimi voti, vestiti casti, capelli lunghi, gonne sotto al ginocchio. Ma lei, una volta conosciute le cose che non dovrebbe neanche guardare da lontano, capisce che i demoni sono più attraenti delle noiose suore laiche e infatti conosce uno, che fa il tatuatore, che per questo è un bad boy. Io boh, cioè, il mio tatuatore – per dire! – è vegetariano, quindi proprio bad boy ma anche no. Ma loro so' in America, lì se sei tatuatore fai sicuro anche parte di una gang bang. E niente, che stavo a dì? Ah, sì lui si porta a letto una montagna di gente (devo dirlo al mio tatuatore, devo dirgli di smetterla di fare il bravo ragazzo e portarsi a letto chiunque) e boh sicuro a un certo punto si porta a letto pure lei. Ma vediamo l'incipit!

Capitolo uno

Rule

All’inizio pensai che il martellare che sentivo in testa fosse il mio cervello che cercava di uscire dal cranio dopo i dieci shot di Crown Royal o giù di lì che mi ero scolato la notte prima, ma poi mi resi conto che era il rumore di qualcuno che si spostava come una furia per il mio appartamento. Lei era lì, e con terrore mi ricordai che era domenica. Nonostante tutte le volte che glielo avevo detto, la scortesia nei suoi confronti, o la condizione devastata e impresentabile in cui mi trovava, ogni domenica mattina lei si presentava e mi trascinava a casa per il brunch. 
Un gemito soffocato dall’altra parte del letto mi fece ricordare che la sera prima non ero rientrato solo dal locale. Non che mi venisse in mente il nome della ragazza, il suo aspetto o se rientrare barcollando con me nel mio appartamento fosse valsa la pena. Mi passai una mano sul viso e allungai le gambe oltre il bordo del letto proprio nell’istante in cui la porta si spalancò. Non avrei mai dovuto dare la chiave a quella mocciosetta. Non mi preoccupai di coprirmi; era abituata a entrare e trovarmi nudo con i postumi di una sbronza – non vedevo perché quel giorno dovesse essere diverso. La ragazza dall’altro lato del letto si girò e guardò con gli occhi strizzati la nuova arrivata, che si era unita alla nostra festicciola. 
«Mi pareva che avessi detto che eri single». Il suo tono d’accusa mi fece rizzare i peli sulla nuca. Una ragazza disposta ad andare a casa con uno sconosciuto per una notte di sesso senza impegno non aveva il diritto di sparare giudizi, soprattutto se ancora nuda e nel mio letto. 
«Dammi venti minuti». Mi passai una mano tra i capelli arruffati mentre la biondina sulla porta sollevava un sopracciglio. 
«Te ne do dieci». Avrei alzato anch’io un sopracciglio per il suo tono e l’atteggiamento, ma la testa mi stava uccidendo e comunque sarebbe stata fatica sprecata con lei; era fin troppo immune alle mie stronzate. «Preparo il caffè. Ho già invitato Nash ma ha detto che deve andare in studio per un appuntamento. Ti aspetto in macchina». Girò sui tacchi e, di colpo, la soglia rimase vuota. Mi sforzai di alzarmi, scrutando il pavimento in cerca dei pantaloni che avevo abbandonato la notte prima. 
«Che succede?». Mi ero temporaneamente scordato della ragazza nel mio letto. Imprecai sottovoce e mi infilai una maglietta nera dall’aria abbastanza pulita. 
«Devo andare». 
«Cosa?». 
La osservai accigliato mentre si metteva a sedere con il lenzuolo premuto al petto. Da quel che vedevo, era carina e aveva un bel fisico. Chissà cosa le avevo proposto per convincerla a venire a casa con me. Non mi era dispiaciuto svegliarmi accanto a un tipo come lei quella mattina. 
«Devo andare in un posto e ciò significa che tu devi alzarti e uscire. Di solito il mio coinquilino è in casa e potresti restare ancora un minuto, ma è dovuto andare al lavoro, quindi muovi quel bel culo e vattene». 
«Mi prendi in giro?», farfugliò. 
Le lanciai un’occhiata mentre recuperavo gli stivali sotto una pila di vestiti da lavare e me li infilavo. «No». 
«Che razza di stronzo si comporta così? Nemmeno un grazie per ieri notte, sei stata fantastica, ti va di andare a pranzo? Che cazzo, solo vattene?». 
Spostò di lato il lenzuolo e vidi che aveva un bel tatuaggio sulle costole. Probabilmente era stato quello ad attrarmi nel mio torpore alcolico. «Sei proprio un bel tipo, sai?». 

***  

A parte la domanda spontanea: che razza di libro inizia così?!, la cosa davvero preoccupante è che la tizia – alla quale lui ha appena intimato di andare via con un tono che, davvero, una donna in stato premestruale avanzato è più simpatica e gentile – risponde "sei proprio un bel tipo"? 
Amica, ma era proprio il caso di usare la spranga, era proprio l'occasione giusta questa e te la sei fatta sfuggire così? Mah, io le donne d'oggi non le capisco. 
Un minuto di silenzio, comunque, per Nash come nome proprio di persona e non di cane. 

Buon letture a tutti, gente, sia di libri belli che di libri... brutti!

martedì 10 maggio 2016

Recensione Le geometrie dell'animo omicida

Buongiorno gente!
Finalmente sono riuscita a trovare un momento per sedermi, riflettere e concentrarmi per parlarvi de Le geometrie dell'animo omicida di Monica Bartolini, romanzo pubblicato da Scrittura & Scritture.
Avrei voluto parlarvene già dieci giorni fa, ma è un periodo un po' pieno e non avevo alcuna voglia di scrivere una recensione non all'altezza.
Ci ho messo un po' per convincermi che fosse arrivato il suo turno, direi anche più di un po', ma sono contenta di aver aspettato. Il motivo? Perché sarà anche che dopo un 2015 all'insegna del libro mediocre e/o brutto sono diventata più brava, ma questo era decisamente il suo momento. Avevo proprio bisogno di una lettura così. Ma basta anticipi, vediamo più nel dettaglio perché parlo in questo modo de Le geometrie dell'animo omicida.

Titolo: Le geometrie dell'animo omicida
Autore: Monica Bartolini
Editore: Scrittura & Scritture
Pagine: 219
Prezzo: 13,50 €
Il mio voto: 3,9 piume

Trama

Un turno di radiomobile come tanti si trasforma presto nell'inizio di un vero rompicapo. In Contrada Madonnuzza è stato trovato il corpo senza vita di una giovane donna, bendata, mani e piedi legati. Sul luogo del ritrovamento giungono il capitano Spada e il maresciallo Piscopo ma non solo. Per cercare l'assassino e il movente di questo omicidio, si aprono, infatti, tre piste divergenti, ciascuna battuta da personaggi interessanti che hanno tutti un buon motivo per consegnare alla giustizia il colpevole. La competenza e la professionalità degli uomini dell'arma, si incontrano e scontrano, così, con un reporter d'assalto alla ricerca del ghiotto scoop da mandare in Tv in una sensazionale prima serata, e con un'insolita appassionata di mappe astrali. 

La recensione

Prima di iniziare a parlarvi di questo romanzo è necessaria una importante premessa. Ne Le geometrie dell'animo omicida si parla anche di astrologia e di come questa, in maniera più o meno consistente, influenzi la nostra vita e la nostra personalità. 
Potete crederci o meno, potete reputarla un cosa sciocca oppure essere di quelli che senza l'oroscopo ogni mattina non riuscite a vivere la giornata, non ha importanza. 
L'astrologia in questo libro c'è, ma non è così presente da poter recare fastidio e disturbo a chi nutre un certo scetticismo verso queste cose, anzi. 
Dico ciò perché sì, è vero, in fondo al libro sono riportate anche le mappe astrali di due dei protagonisti ma, prima di tutto, il romanzo di Monica Bartolini altro non è che un classico giallo deduttivo, con una spruzzatina di noir qua e là.
Certo, l'astrologia è sicuramente presente, ma lo è come parte integrante del romanzo e non come futile e superfluo elemento utilizzato come pretesto per narrare una vicenda.
Il risultato è un romanzo godibile, un po' giallo e un po' noir, simpatico e di facile e veloce lettura.
Sembra strano – tra l'altro – che, nel corso del 2016, proprio io mi sia appassionata a questo genere al quale, ammetto, non avevo mai dato ampia possibilità di coinvolgermi o, perché no, stupirmi addirittura.
Sono contenta, invece, di aver dato una possibilità al genere letterario in generale e a Le geometrie dell'animo omicida in particolare.

Con un linguaggio semplice e colloquiale e con toni divertenti, Monica Bartolini ci racconta la storia di Federica, di cui verrà ritrovato il cadavere in Contrada Madonnuzza, e di tutta una serie di personaggi coinvolti nella triste e strana vicenda: il maresciallo Piscopo, napoletano schietto, sincero e anche un po' scettico, sopratutto verso le teorie della figlia Tina – il personaggio che s'intende di astrologia –,  il capitano Spada, decisamente meno scettico di Piscopo, la De Acetis, sostituta magistrato per una serie di eventi, Marcello, il giornalista un po' troppo giornalista ma anche un po' irriverente, e la già nominata Tina, intelligente e forse un po' troppo intraprendente che si rivelerà fondamentale nello svolgimento delle indagini.
Le geometrie dell'animo omicida, ambientato in una torrida e afosa estate siciliana, mette in scena un delitto che, se dagli indizi iniziali sembra trattarsi di qualcosa di cui potrebbe occuparsi l'unità di vittime speciali, si rivelerà essere un caso completamente diverso da ciò che avevamo immaginato. E da ciò che anche i protagonisti avevano immaginato.

Con l'aggiunta di personaggi simpatici e scene dal carattere che definirei più leggero (le discussioni tra Piscopo e la figlia Tina sull'astrologia, ad esempio, ma anche le sfuriate della De Acetis, donna fin troppo pratica), Monica Bartolini ci parla anche di personaggi che vivono una vita segnata dal disagio e dal non sentirsi accettati, vittime di un rapporto di sottomissione psicologica protratta negli anni. Vittime, in un certo qual modo, di abusi ma anche di amori segreti o non corrisposti. 
L'alternanza di dialetto partenopeo e italiano, la canzonatura presente nei diversi dialoghi e il tono generalmente molto colloquiale, oltre al numero di pagine non molto alto, fanno sì che il lettore si ritrovi ad aver finito di leggere il romanzo senza neanche rendersene conto.
Perché, allora, la mia votazione è di 3,9 stelline e non 4? Presto detto. Perché, Monica, non puoi lasciarci così! Duecentoventi pagine sono troppo poche per questo romanzo. Sì, è vero, si tratta di un giallo e, certamente, un giallo non può essere troppo lungo, ma è anche vero che si finisce con l'affezionarsi ai personaggi, cosicché a lettura terminata non ho potuto fare a meno di domandarmi: e Tina? E Marcello?
Insomma, Monica, faccio bene o no ad attendere un altro caso svolto magistralmente dal maresciallo Piscopo e dal comandande Spada, insieme con i consigli – astrologici e non richiesti – di Tina? Spero di sì.

lunedì 2 maggio 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 2/8 maggio


Daje, su su veloci che come un paio de lunedì fa me devo da sbrigà che c'ho il collo incriccato e mi piacerebbe arrivare in palestra prima che Marcello impugni un pesetto di 3 kg, pronto a darmelo sui denti non appena mi vede varcare la soglia. 
Ieri ho lavorato tutto il giorno, sto traducendo un file excel di soltanto – ironia – novemila caselle e copiare e incollare la traduzione (a volte alcune caselle hanno lo stesso testo) mi sta facendo sviluppare le dita palmate e una terza spalla. C'ho il braccio destro completamente fuori uso. Ma la colpa è mia, che ho sottovalutato la cosa e, all'inizio, ci sono andata troppo leggera: - "Dai, oggi faccio giusto una decina di caselle...", così che è giunto il giorno della consegna e io ancora devo finire. 
Ieri e l'altro ieri ho fatto una tale overdose che alla fine c'avevo praticamente gli occhiali da sole per stare davanti al pc. Non vi dico quanto è faticoso oggi. 
Tra oggi e domani ho una quantità di cose da fare così assurda che io boh, credo che mercoledì in aereo sverrò. Ah, perché voi non lo sapete ma mercoledì parto e come tutte le volte che parto... Non dormirò. Pure che parto alle 5 di pomeriggio. Niente, il mio organismo immagazzina l'ansia del prepartenza e, con la paura di non svegliarmi in tempo, non dormo proprio. Quindi se accumulo stanchezza neanche riesco a salirci sull'aereo, mi addormento sull'autobus che accompagna i passeggeri in pista.
Basta però, sbrigamose che davvero devo lavorare come un nano in miniera oggi (e sicuramente anche stasera) e non c'ho tempo da perdere. Passiamo all'italica editoria!

Raga, io qua con la gommista non c'ho più capito niente. Ma quanti volumi c'ha sta serie del tatuaggio senza tatuaggi? A gennaio era uscito il volume trecentomila, sicuramente, perché io la faccia de sta tizia, probabilmente alcolista, che guarda la neve e se ne bea (nono, ma fattela 'n'altra biretta ché tanto me pari 'n forma) me la ricordo da sempre.
È una certezza della Newton questa tizia, non ce la posso più fare a vederla. Tra l'altro 'sto cappellino ridicolo, mamma mia, a randellate sui denti mi viene da prenderla. 
E poi basta, santo cielo, basta! Come devo spiegarvi che i progetti grafici delle copertine non si fanno con una foto e una scritta in Times New Roman appiccicata sopra? Così ce fate le copertine de Di più tv, non di un libro (o più libri in questo caso). E poi finitela coi titoli tutti uguali, non che me ne freghi una fava di leggere la storia dell'alcolista, figlia del gommista, che vive in un camper in Canada e si fa fare i tatuaggi ma se, ipoteticamente, volessi iniziare la serie e mi trovassi in libreria... Senza un cacchio di numero, come si fa a capire chi viene prima e chi dopo?! Basta, me so' stufata pure de parlarne male della serie degli Oltre: Oltre i segreti, Oltre l'amore, Oltre noi l'infinito, Oltre le occhiaie il baratro, Oltre la curva un mini market. Basta, va bene? La trama (originale!!) di Oltre il destino è questa qui (secondo la scheda): lui vuole solo andare a letto con più donne possibili nell'arco di 365 giorni senza innamorarsi. Dopo l'ultima donna che ha avuto ha detto basta ai sentimenti. Ma poi un giorno gommista girl viene assunta nell'ufficio di lui e "rischia di portare con sé tutti i fantasmi del passato di Rowdy". Lei infatti non è una lei qualunque, ma la bambina con cui lui giocava quando era piccolo e poi me so' distratta ché tra fantasmi e bambini pensare a Shining è stato un attimo. Speriamo almeno muoia qualcuno.

Lo devo fà pur'io da oggi in poi. Ginocchia flesse, braccia stese, un bel vestito col muschio sulla pancia indosso e via, sicuro mi sento più giapponese che mangiando sushi. Certo, dopo un po' le cosce cominciano a tremare, ma gli effluvi del muschio sono sicura che offrono resistenza fisica meglio della cocaina. 
L'importante, vedete, è lo sguardo fisso sui polsi: ti aiuta a rimanere in equilibrio.
Ma, leggendo la scheda, apprendo purtroppo che la tizia affacciata su uno sfondo paesaggistico che manco la Contea di Biblio Baggins, ma bidimensionale, non è giapponese. E manco aspira a esserlo in questa posa. Io, boh, dopo tutta 'sta fatica e le ginocchia da calciatore che le so' venute nel frattempo, come minimo almeno, ma dico, almeno shintoista ce diventavo. 
Comunque, dicevamo, lei non è giapponese (e manco ce vole diventà, poi non ditemi che tutta 'sta manfrina non è inutile), ma è inglese e raggiunge il marito nella piantagione di tè nell'isola di Ceylon. Il marito, però, non è l'uomo di cui s'è innamorata ma un altro (l'avranno rapito? C'è stato uno scambio di persona? 'Sti schiavi che lavorano nei campi, non te poi distrarre n'attimo che te fregano l'identità e pure la moglie shintoista). Così lei, in preda ai deliri e ai dolori alle cosce, decide di spalmarsi un po' di unguento al tè sulla pancia, ché gli effluvi le hanno detto che fanno bene. 
Poi tipo non si sa come resta incinta (vuoi vedè che niente niente l'unguento al tè c'ha pure poteri sulla fecondazione?) e al momento del parto deve prendere una decisione che più decisione di questa non ce n'è. Guardate, ve lo dico, una decisione che proprio cioè mamma mia, fino a oggi ho solo deciso il colore delle mutande, questa invece è una signora decisione ma c'avrò il coraggio di prenderla questa decisione? E niente, poi chissà se la prende 'sta decisione.

Questo libro neanche volevo segnarlo perché, cioè, ma che vuoi dire in proposito? Non c'è niente che io possa dire per migliorare (o peggiorare) la situazione di questa copertina. 
Sembra un libro sull'eterna lotta di potere che vige, dai secoli dei secoli, tra Branko e Fox. 
E poi il titolo, finto effetto metallico, che fa a pugni coi disegni del segno zodiacale dell'ariete e la spada (??). 
Ma che cagata, lasciatemelo dire! Dovrebbe essere il primo volume di una saga mezza fantasy ma a me, seriamente, pare l'inserto dell'Oroscopo che trovi nei giornali di merda: "tutto il 2016 di Otelma! Scopri di che segno zodiacale è Selvaggia Lucarelli! L'ascendente di Magalli! Cena con Paolo Fox o pizza e birra con Branko? Fai il test!"
Vabbè, comunque, Seeker. La scheda dice che è il nuovo fantasy che cioè Hunger Games levate, Divergent famme spazio, una roba che cioè se la stamo a contende che non sapevamo fino all'ultimo che copertina di merda darle per non farla vendere proprio.
La storia è quella di Quinn che s'è allenata tutta la vita per diventare cacciatrice di arieti (ao', ognuno caccia quello che je pare, magari poi ce fa il sugo come in Abruzzo col montone) ma dopo il giuramento scopre che essere seeker non è quello che immaginava. Forse gli arieti devi cacciarli ma non puoi mangiarli col sugo e le fettuccine. Sapete quanto è difficile cacciare un ariete?! E poi manco due arrosticini per premio? Che mestiere del cacchio, scusate eh. Te pare che rischio l'incornamento e poi non posso farci la salsiccia con l'agnello?! Io proprio boh, me pare uno spreco.
Detto ciò, un sentito ringraziamento a chi ha scritto la scheda di questo libro a occhi chiusi, mettendo una pioggia di puntini di sospensione e dimenticando le maiuscole un po' ovunque. Se volete scusarmi, vado a candidarmi all'ufficio Sperling, tanto i testi peggio de come ce li hanno adesso non posso scriverli.


Per oggi è tutto, vi auguro una festa a base di arrosticini e una maschera al tè sui capelli (che me c'hanno detto che gli effluvi fanno bene). Più shintoismo per tutti, gente! Al prossimo lunedì.