Oh, ma quante piccole rubrichette sto inventando, eh? Certo, sono tutte inerenti alle recensioni ma, in fondo, parlo praticamente solo di libri e quindi c'era da aspettarselo. Ciarlando allegramente di..., in realtà, è semplicemente un nuovo tipo di recensione, così come lo è Francamente me ne infischio. Solo che, mentre con Francamente me ne infischio do spazio all'acidità che mi caratterizza, Ciarlando di... riguarderà quei libri che, per un motivo o per un altro, non riesco a recensire in modo approfondito. Le puntate potranno riguardare un solo libro oppure più di uno, a seconda di quanto ho letto (ormai tristemente poco, sob).
Oggi voglio parlarvi di di La morte del cuore di Elizabeth Bowen e di Charlie and the Chocolate Factory di Roald Dahl.
La morte del cuore, romanzo scritto da Elizabeth Bowen nel 1938, è edito da Neri Pozza che ne ha pubblicato la ristampa ad Ottobre del 2012. Il libro si aggiudica l'etichetta di Perduti & Ritrovati perché, oltre ad essere sconosciuto ai più, è stato prima pubblicato da Le Tartarughe e abbandonato al suo triste destino di libro a cui non è stata dedicata attenzione. Si tratta della storia di Portia, figlia di un uomo al suo secondo matrimonio, che rimasta orfana si ritrova a dover vivere insieme al fratellastro, Thomas, e a sua moglie, Anna. Sebbene, inizialmente, il lettore avrà l'impressione che quella sia la storia di Anna e Thomas, costretti a ospitare una persona poco gradita nella loro casa, passate le prime cento pagine, l'attenzione della Bowen si sposta per concentrarsi sulle vicende che riguardano Portia in prima persona.
All'inizio del romanzo odiavo Portia. Sul serio, un odio profondo e viscerale giustificato dalle sue azioni e dalla povertà dei suoi sentimenti. Dannazione, cara, esprimiti! Arrabbiati, piangi, ridi, fai qualcosa! Invece no. Portia si adagia sulle situazioni con una mancanza di carattere da far rabbrividire perfino i passanti. Cribbio, hai sedici anni, d'accordo, hai perso la mamma e il papà e d'accordo anche qui. Ma tutto ciò non giustifica la completa alessitimia (dicesi alessitimia l'incapacità di provare emozioni). C'è da dire che la Bowen si serve del narratore onnisciente in maniera un po', passatemi il termine, "accademica". Sta lì e guarda tutti dall'alto, spesso descrivendo esclusivamente le azioni senza condirle di sentimento, passione. Poi, ad un certo punto, tutto cambia quando Portia si reca in vacanza a Waikiki. Lì ecco che, finalmente, i suoi sentimenti per Eddie (imparerete a odiare anche lui) si palesano e il lettore comincerà a provare una sorta di tenerezza per Portia, per la sua ingenuità, per la sua immaturità. In alcuni punti del romanzo sono stata salvata solo dalla consapevolezza di trovarmi in metropolitana rendendomi conto che, forse, la scelta di gettare il libro per terra, saltarci sopra con veemenza riempiendo Eddie di osceni turpiloqui, non era poi così saggia. Qualche parolaccia, però, mi è sfuggita comunque. Non so dare un voto preciso a questo libro perché è un romanzo freddo, distaccato, riflessivo. Le descrizioni, che rasentano l'ossessività, appesantiscono il testo ma non la storia. Suvvia, facciamo un 3 e mezzo su 5. Ad ogni modo, scritto e tradotto con immensa maestria. Chepeau.